giovedì 10 febbraio 2011

Le armi nucleari....

Un miliardo di affamati nel mondo . (Giampaolo Cadalanu • 21-Dic-08)

Mancano solo sei anni, poi finalmente l´ipocrisia sarà svelata: gli Obiettivi del Millennio, la formula-slogan con cui i potenti della terra avevano preso l´impegno di dimezzare la fame nel mondo, non saranno realizzati. Il nuovo rapporto 2008 sulla "insicurezza alimentare" presentato ieri dalla Fao è ormai più un grido di dolore che un allarme. Invece che diminuire, la quota complessiva degli esseri umani sottonutriti aumenta: ora sfiora il miliardo. Il conteggio si ferma a 963 milioni, quasi che la cifra tonda sia un´oscenità insostenibile. Ma anche questo gradino sarà superato presto: l´ultimo salto, pari a 40 milioni di persone, è stato registrato nel solo 2008. Due anni fa erano 115 milioni in meno, nel 1996 erano 832 milioni.

Per salvare gli affamati servono 30 miliardi di dollari l´anno, poca cosa in confronto alle spese per armamenti, o alle somme stanziate per la crisi economica, ribadisce per l´ennesima volta Jacques Diouf, direttore dell´agenzia Onu. Il tema è ben noto, ma stavolta non è un ritornello stantìo. C´è una nota nuova, l´unica, ma significativa. Nel 2009 l´Occidente, e dunque il mondo intero, sarà diverso. Yes, we can: deve valere anche per gli altri, chiede Diouf. Deve allargarsi al pianeta intero la speranza di cambiamento suscitata negli Stati Uniti dall´avvento del primo presidente nero. «Ho chiesto ad Obama di farsi promotore di un´iniziativa per un summit che abbia come obiettivo sradicare la povertà dal pianeta», annuncia il direttore della Fao. Insomma, «possiamo farcela».

L´alternativa è già nel panorama struggente descritto da Jacques Diouf. Il 65 per cento degli affamati vive in soli sette paesi, dice il responsabile dell´agenzia. Nell´Africa subshariana una persona su tre è cronicamente affamata e nei mesi scorsi rivolte per il cibo sono scoppiate in 25 paesi. L´escalation delle emergenze è in parte legata all´andamento perverso dei mercati: quando le quotazioni degli alimentari sono alte, i consumatori più poveri non possono permettersi la spesa. Se invece i prezzi si abbassano, allora sono i contadini poveri a non poter sopravvivere, anche perché le sementi restano care. E con i prezzi alti, i paesi in via di sviluppo non sono stati nemmeno in grado di aumentare la produzione.

Di fronte al disastro, non è più tabù mettere in discussione il modello di sviluppo e contestare il feticcio dell´agricoltura intensiva per l´esportazione. «È urgente aiutare lo sviluppo dell´agricoltura nel Sud del mondo: basterebbe meno di un decimo dei sussidi agricoli ai paesi dell´Ocse», sintetizza Marco De Ponte di Action Aid. Ma oltre ad accogliere i richiami degli esperti e restituire dignità ai piccoli produttori, bisogna intervenire subito dove i meccanismi del mercato stanno stritolando i più deboli: la popolazione di paesi "difficili" come la Corea del nord, lo Zimbabwe, il Congo. Oppure le fasce più basse di altre società: i poveri di città e campagna, i braccianti senza terra, le donne sole con bambini.

È vero che i meccanismi di controllo delle emergenze, con gli interventi del World Food Programme, riescono in genere a togliere dai telegiornali le immagini dei bambini scheletrici coperti di mosche, con la pancia piena d´aria. Ma c´è un´altra fame, che mina le esistenze e sgretola la capacità produttiva, più insidiosa perché meno visibile. Non è quella che uccide in pochi mesi, è quella che nega agli esseri umani un apporto calorico adeguato e dunque schiavizza i pensieri, indebolisce il sistema immunitario, impedisce il lavoro. È quella che nega anche le speranze. E allora? Allora, ripete ancora una volta Jacques Diouf, serve la solidarietà internazionale. «Non ci stanchiamo di pregare, non ci scoraggiamo. È tutta questione di priorità politica».

Repubblica 10.12.08